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Leggere le etichette degli alimenti confezionati

Siete davvero sicuri di capire le caratteristiche di un alimento confezionato leggendo la sua etichetta?  Torna "Cibo e salute: il nutrizionista risponde", rubrica dedicata ad alimentazione, alimenti e buone pratiche, curata dal dott. Gianluca Rizzo, che questo mese ci spiega come leggere e capire le etichette dei prodotti confezionati, approfondendo anche l’aspetto delle condizioni di conservazione.

Vi ricordiamo che potete porre delle domande al dottore Rizzo, scrivendo dubbi, quesiti e curiosità nei commenti o via messaggio privato sulla nostra pagina Facebook Biolis – Alimenti Biologici” , o anche via mail all’indirizzo infobiolismessina@gmail.com. Le domande verranno raccolte dal nostro staff e proposte al dott. Rizzo, che vi risponderà in maniera anonima sempre sulla rubrica.

Buona lettura!

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Le informazioni sulle etichette dei prodotti confezionati, grazie alle recenti normative europee, sono sempre più dettagliate e leggibili. Particolare attenzione è stata rivolta anche alla dimensione dei caratteri che le compongono, in modo tale da rendere la lettura più immediata e permettere all’acquirente di non farsi sfuggire informazioni importanti.

Nonostante ciò, c’è ancora molta confusione in merito alla loro interpretazione; comprenderle meglio potrebbe essere utile nella scelta dei prodotti che si decide di acquistare. Vediamo insieme alcuni aspetti al fine di migliorare la nostra dimestichezza con le etichette alimentari.

Carboidrati, proteine e grassi sono le tre macromolecole che compongono gli alimenti. La loro quantità è sempre indicata in “grammi su 100 grammi” di prodotto, rappresentando quindi una percentuale. In alcuni casi, queste quantità sono elencate anche in rapporto alla porzione, anch’essa specificata in grammi. Ѐ molto importante comprendere la differenza tra queste due unità di misura, poiché alcuni alimenti possono avere una porzione standard molto lontana dai 100 grammi. Questo significa che le quantità su 100 grammi sono utili solo a confrontare alimenti della stessa natura (ad esempio, paragonare la composizione di un cereale rispetto a un altro), ma per scegliere tra due prodotti differenti, è molto più utile mettere in relazione la composizione delle corrispettive porzioni (ad esempio, 30 grammi di crackers rispetto a 125 grammi di yogurt). Discorso simile per le calorie, presenti obbligatoriamente sulle confezioni e riferite a 100 grammi e solo a discrezione della ditta produttrice disponibili per la porzione standard. Dobbiamo anche considerare che “più calorie” non significa necessariamente “meno sano”. La frutta secca, ad esempio, ha una resa calorica molto alta, ma nelle giuste porzioni sarà sempre una scelta migliore rispetto a tante merendine confezionate, solo apparentemente ipocaloriche ma dalla qualità nutrizionale molto bassa.

Attenzione a non confondere le proporzioni di carboidrati, proteine e grassi necessari per una dieta giornaliera bilanciata con le quantità che compongono gli alimenti. Nel primo caso la percentuale è in riferimento alla quota calorica complessiva. Per esempio, il cioccolato fondente può contenere circa il 30% di grassi, se riferito al peso, ma in percentuale calorica questi rappresentano oltre la metà delle calorie che l’alimento riesce a fornire.

Tra la composizione in grassi è ormai obbligatorio citare la frazione di saturi. Ѐ sicuramente preferibile un alimento con maggiore quantità di grassi ma con una proporzione di acidi grassi saturi più bassa. Questo perché gli acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi possono essere benefici per la salute, mentre i grassi saturi sono un surplus non necessario che apporta calorie aggiuntive.

Per quanto riguarda i carboidrati, le etichette devono obbligatoriamente indicare la frazione di zuccheri. In questo caso va precisato che, per quanto i carboidrati complessi siano generalmente preferibili perché rilasciati gradualmente nel sangue, gli zuccheri semplici possono differenziarsi in base alla natura dell’alimento. Se si tratta di prodotti commerciali con zuccheri aggiunti, come i succhi di frutta addizionati, quella quota supplementare di zuccheri, quando il consumo è abitudinario, rappresenta una quantità superflua che stimola eccessivamente l’insulina con le conseguenze a lungo termine sulla salute. Diversamente, la presenza di una quota di zuccheri semplici in frutta disidratata, come prugne secche o uvetta, è del tutto normale. La contemporanea presenza di fibre permette di mitigarne l’effetto glicemico.

Anche la lista degli ingredienti può fornire spunti utili di riflessione. L’ordine con cui questi sono elencati, rappresenta le quantità relative di essi. I primi ingredienti sono quelli più rappresentativi, i successivi sono presenti gradualmente in concentrazioni minori. Per legge, nell’elenco vanno inseriti anche gli additivi alimentari utilizzati, la cui funzione è volta a favorire il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e di palatabilità degli alimenti e, a volte, anche a migliorarle. Questa classe di composti, sebbene non necessariamente rischiosa per la salute, ha uno scopo prevalentemente cosmetico. Dunque, può essere preferibile scegliere i prodotti con l’elenco più corto di ingredienti e con il minor numero di additivi.

Sempre più frequentemente, si notano diciture come “light” o “ridotto tenore di grassi”, “senza grassi”, “senza zuccheri aggiunti”. L’applicazione in etichetta è rigidamente normata dai regolamenti più recenti e va interpretata correttamente. La riduzione di un componente, come i grassi, deve essere riferito a uno standard, come in caso dell’indicazione “leggero” o “light”. Per esempio, un formaggio a ridotto tenore di grassi non sarà necessariamente senza grassi ma ne avrà in misura minore rispetto alla controparte presa come riferimento. Di contro, l’assenza di grassi, spesso presente come dicitura “0% grassi”, non implica che si tratti di un prodotto ipocalorico perché non è messa in discussione la resa calorica dell’alimento. Non è raro che le preparazioni di yogurt senza grassi abbiano le stesse calorie dello yogurt intero bianco. Spesso, i prodotti per diabetici sono senza zuccheri ma recuperano caloricamente con grassi e proteine. L’assenza di zuccheri aggiunti non implica assenza totale di questi, che frequentemente sono presenti naturalmente negli alimenti.

La dicitura “può contenere tracce di” garantisce la sicurezza alimentare a persone con allergie a determinati cibi. Tale frase non implica la presenza degli alimenti indicati nella composizione del prodotto (come latte e uova e quindi incompatibili per una dieta vegana), ma semplicemente che nello stabilimento sono trattati anche questi cibi a potenziale allergenico e si mette in guardia da un possibile inquinamento casuale.

Un’attenzione particolare merita anche la data di scadenza. In base alla shelf-life (conservabilità sullo scaffale) possiamo trovare scadenze indicate con mese-anno o giorno-mese-anno. In quest’ultimo caso si tratta di prodotti con conservabilità ridotta. Da tenere sempre bene a mente che la data di scadenza, indicata nell’involucro, è strettamente legata alle condizioni di conservazione. Se non rispettate, si può ridurre drasticamente questo tempo. In alcuni prodotti sono specificati contemporaneamente i tempi di conservazione in diverse condizioni, come temperatura ambiente, frigo e congelatore. Ѐ una regola quasi universale evitare di ricongelare gli alimenti scongelati.

Nelle etichette possiamo trovare due diciture: “da consumarsi preferibilmente entro il” e “da consumarsi entro il”. Anche se possono sembrare simili, in realtà riguardano due condizioni molto diverse. Nel primo caso la scadenza individua la perdita delle caratteristiche nutrizionali e la palatabilità degli alimenti su cui è riportato. Non si tratta di un’indicazione di rischio e quindi i prodotti in questione possono essere consumati anche oltre questa data, ma non vengono garantiti gusto e proprietà nutrizionali di partenza. Nel secondo tipo di dicitura, invece, il consiglio è di tipo perentorio e mette in guardia dal consumo oltre la data indicata al fine di evitare rischi per la salute. Di solito questa indicazione è presente in prodotti da frigo deteriorabili a causa del possibile sviluppo di microrganismi nocivi o altre sostanze non benefiche.

Come già detto, la scadenza dipende anche dalla corretta conservazione quindi, pur se questa non è stata ancora raggiunta, è sempre meglio prestare attenzione a gusto anomalo, odore dubbio o colore alterato. Le confezioni ermetiche insolitamente gonfie indicano un’avvenuta fermentazione di microorganismi. Molti prodotti presentano sul tappo delle concavità utili a verificare l’integrità del sottovuoto. Meglio stare attenti che tutto sia al proprio posto. Nel caso di surgelati, la presenza di alimenti ben separati, e non ridotti a blocchi unici, suggerisce che la catena del freddo è stata rispettata fino al banco frigo. La presenza di ammassi all’interno delle confezioni indica chiaramente la predita di liquidi dovuta allo scongelamento e la formazione di ghiaccio durante il ricongelamento.

Infine, nel caso di cibi confezionati in atmosfera protettiva, le diciture che consigliano di attendere qualche minuto dall’apertura del prodotto prima di consumarlo si riferiscono all’allontanamento dei gas di conservazione e di quelli prodotti dagli stessi alimenti che, se non dispersi, possono alterare le sensazioni olfattive.

Comprendere le informazioni nutrizionali e le diciture sulle etichette può essere molto utile. Tuttavia è consigliabile consumare meno prodotti etichettati e più alimenti naturali.

[Ndr: e per quanto riguarda i prodotti biologici? Date un'occhiata a questo post!]

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Gianluca Rizzo è biologo nutrizionista, docente in corsi di formazione ed ECM, e in diversi Master curati dall’Università di Messina, specializzato in alimentazione vegetariana e vegana e in integrazione alimentare. Potete conoscerlo meglio in questa intervista: http://www.biolis.it/mc/629/I-consigli-dei-nutrizionisti---Dott-Gianluca-Rizzo. Su Facebook lo trovate qui: http://www.facebook.com/dott.gianlucarizzo/?fref=ts