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Cibo e salute: il nutrizionista risponde | I surrogati

Sono sempre più utilizzati come alternativa vegetale alla carne come fonte di proteine, ma bisogna fare molta attenzione a sceglierli sia da un punto di vista quantitativo, che qualitativo. Torna  "Cibo e salute: il nutrizionista risponde", rubrica dedicata ad alimentazione, alimenti e buone pratiche, curata dal dott. Gianluca Rizzo, che questo mese ci parla dei surrogati: i motivi che spingono a consumarli, le diverse tipologie presenti sul mercato e alcune “avvertenze” per regolarci sul loro consumo.  

Vi ricordiamo che potete porre delle domande al dottore Rizzo, scrivendo dubbi, quesiti e curiosità nei commenti o via messaggio privato sulla nostra pagina Facebook Biolis – Alimenti Biologici” , o anche via mail all’indirizzo infobiolismessina@gmail.com. Le domande verranno raccolte dal nostro staff e proposte al dott. Rizzo, che vi risponderà in maniera anonima sempre sulla rubrica.

Buona lettura!

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Sempre più spesso troviamo in commercio alimenti vegetali trasformati al fine di acquisire consistenza carnea, qualità organolettiche e palatabilità simili ai corrispettivi alimenti di origine animale. Consigli nutrizionali recenti esprimono chiaramente quanto sia vantaggioso scegliere gli alimenti nella loro forma più naturale e genuina, cercando di ridurre al massimo le trasformazioni che ne possono derivare.

Qual è, dunque, il motivo che giustifica il consumo di surrogati a discapito di cibi non trasformati o di altri considerati più canonici? Analizziamo questi aspetti, cercando di descrivere le tipologie reperibili sul mercato e le loro caratteristiche, in un elenco esemplificativo e certamente non esaustivo.

I motivi per cui si sceglie un surrogato sono molteplici. Si può decidere di consumare un alimento che ne sostituisca altri per ragioni etiche o di salute. La rimozione di cibi di origine animale nella dieta è ormai una realtà sostenibile, a patto che si realizzi con piccole ma decisive accortezze. Ad esempio, si pensa spesso di sostituire la carne con i legumi, senza tener conto però delle importanti differenze in termini di composizione e di porzioni di queste due tipologie di alimenti. Infatti, non sempre si considera che si sta andando a rimpiazzare un alimento a composizione proteico-lipidica con un altro a composizione proteico-glucidica. Se non valutato, questo aspetto influirà sul bilancio complessivo con un aumento della quota di carboidrati nella dieta giornaliera.

I surrogati, come burger e prodotti carnei vegetali, riducono queste differenze ottimizzando l’apporto proteico per una sostituzione più efficace. Inoltre, soddisfano il gusto e la consistenza a cui siamo tradizionalmente e socialmente abituati e che può facilitare una preferenza non necessariamente dettata dal gusto. La scelta alimentare è guidata da tanti fattori, tra cui la soddisfazione del palato. È fuorviante pensare che quando si rinuncia a qualcosa che in precedenza si consumava, lo si faccia per semplici questioni di gusto. Come evidenziato sopra, spesso la decisione di rinunciare alla carne, per esempio, è legata ad altre ragioni. Possiamo quindi pensare di nutrirci con ciò che è più salutare ma il sapore degli alimenti deve rispettare la nostra preferenza per non creare avvilimento, anche se è altrettanto vero che il palato può essere gradualmente educato. Alla luce di ciò, i surrogati possono essere un valido supporto nella fase di transizione e variazione delle abitudini alimentari.

Dal punto di vista della qualità, ogni trasformazione, più o meno artigianale, porta comunque alla perdita di alcuni nutrienti ed è quindi fondamentale non utilizzare cibi lavorati come fonte nutrizionale giornaliera, bensì solo come facilitazione in caso di esigenze specifiche. Dal punto di vista degli ingredienti, abbiamo in commercio diverse tipologie di surrogati. Anche in questo caso, la regola principale rimane quella di preferire i prodotti con il minor numero di ingredienti in etichetta.

Ai nostri occhi, tali preparazioni commerciali possono apparire come stranezze e sofisticazioni, tuttavia la storia dell’uomo insegna che questi ha sempre cercato di ottimizzare la resa degli alimenti naturali mediante processi di lavorazione. Il pane e la pasta, ad esempio, potrebbero essere definiti come surrogati del grano, perché derivano da specifiche lavorazioni considerate ormai tradizionali. Esistono, inoltre, altre tipologie di surrogati lontani dalla nostra tradizione culinaria ma con una storia importante in altre zone del mondo, uno di questi è il tempeh, un fermentato di fagioli di soia che viene spesso definito “carne di soia”. È tra i più antichi surrogati carnei e le sue proprietà nutrizionali sono tutt’altro che inferiori ai corrispettivi fagioli, grazie all’effetto della fermentazione fungina che aumenta la biodisponibilità di alcuni nutrienti.

Anche il tofu, ormai famoso in tutto il mondo, potrebbe essere considerato un sostituto del formaggio. La sua preparazione, a partire dalla soia e da un caglio di cloruro di magnesio (nigari), deriva da un processo ancora molto semplice e fedele al procedimento originale.

Il seitan è un ammasso a prevalenza proteica che si ottiene dalla lavorazione delle proteine del frumento. Di fatto, si tratta del glutine del grano. Il suo potere nutritivo è molto elevato, ma come alimento non è adatto per chi soffre di disturbi specifici nell’ingestione. Non dimentichiamo che la pasta glutinata fu introdotta alla fine del XIX secolo per aumentarne l’efficacia nutritiva. Anche la lavorazione del seitan è rimasta per lo più invariata, basata su passaggi meccanici e di bollitura. Dal glutine si sono originati alcuni prodotti commerciali che hanno associato alle proteine del frumento quelle dei legumi. Alcune ditte propongono sia delle preparazioni a base di grano e ceci che di lupino, un legume tipico della cultura meridionale rurale e alimento povero della tradizione mediterranea. Sono svariati gli studi che, di recente, hanno analizzato questo legume per le sue potenziali proprietà salutistiche.

Esistono surrogati derivati dalle proteine ottenute dalla fermentazione di funghi unicellulari. Differentemente dai vegetali, i funghi hanno caratteristiche a sé e quindi possono essere un’alternativa interessante per consistenza, gusto e composizione. In Italia, molte ditte propongono alternative sia vegane che ovo latto vegetariane. Sempre meglio leggere le etichette per la possibile presenza di derivati del latte e delle uova, qualora si escludessero questi alimenti.

Per quanto riguarda la soia, il legume che per eccellenza ha fatto la storia dei surrogati, la ricchezza di aminoacidi essenziali e l’elevata composizione in fitochimici ne hanno consacrato l’utilizzo massivo che si fa oggi. A prescindere dalle proprietà indiscutibilmente positive, si tratta comunque di un alimento sicuramente sopravvalutato che non si discosta poi tanto da altre tipologie di fagioli. Tuttavia, la sua lavorazione a buon mercato e il suo uso tradizionale lo rendono sicuro per la salute umana. Dalle proteine della soia si ottengono numerosi surrogati.

Oltre ai burger, che possono avere una composizione più o meno genuina, sono molto utilizzate le bistecche di soia, i bocconcini o il granulato. Si tratta di soia degrassata e ristrutturata che, dal punto di vista della composizione in macronutrienti, può essere consumata per ottenere facilmente apporti proteici consistenti. Purtroppo, in seguito agli intensivi processi termo-meccanici, possiamo trovare ben poco della composizione in vitamine del legume originale. Più che un alimento nocivo, siamo di fronte a un prodotto povero in nutrienti, come potrebbe essere il pane ottenuto da farina molto lavorata. L’apporto in macronutrienti, invece, può essere in certi casi vantaggioso e la consistenza permette di sostituire facilmente la carne nelle preparazioni culinarie. Consumata saltuariamente non presenta controindicazioni e può essere un ottimo alimento di transizione o per migliorare l’approccio all’alimentazione vegetale di chi è spesso restio, come parenti e amici meno avvezzi.

Dalla soia si può ottenere la bevanda omonima. Chiamato comunemente “latte di soia”, si tratta della frazione idrosolubile che si ricava per bollitura e strizzatura dai relativi fagioli. Secondo le normative vigenti, latte è definito esclusivamente l’alimento che si origina dalla secrezione mammaria, quindi non troverete mai tale denominazione su un alimento vegetale.

La bevanda di soia è il surrogato vegetale alternativo al latte vaccino più comunemente usato e più simile in composizione al comune latte parzialmente scremato. Ne esistono in commercio tante altre che possono essere ottenute da cereali e frutta secca oleosa come riso, kamut, farro, avena, mandorla, nocciola, ecc. Di solito, però, questi prodotti hanno una resa calorica più bassa e una minore concentrazione in proteine. Come precedentemente accennato, è importante fare attenzione alle etichette e scegliere bevande vegetali che contengono il minor numero di ingredienti per evitare di portarsi a casa un prodotto addizionato con oli vegetali per rafforzare la resa calorica finale. Non è necessariamente una cosa negativa ma, in base all’occorrenza, è giusto non sottovalutare questa possibilità. Non è escluso che la preparazione casalinga consenta di ottenere un prodotto finale più genuino, rispetto a quello che ha subìto un processo industriale di produzione dove spesso l’ottenimento delle bevande vegetali avviene tramite spremitura degli scarti di altre produzioni. Il vantaggio di una produzione commerciale è la possibilità di fortificazione con alcune vitamine frequentemente carenti nella popolazione occidentale.

Come per i surrogati del latte, non mancano i formaggi vegetali. Di solito si ottengono mediante l’utilizzo di addensanti naturali come amido, farina di carrube, agar agar o altri ingredienti, che possono conferire una consistenza soda. Dal punto di vista della composizione, troviamo spesso prodotti troppo ricchi in grassi che ne impongono un consumo moderato, come dovrebbe essere anche per quelli latto-caseari. Alcuni di questi si discostano lievemente per il maggior bilanciamento in nutrienti, come il formaggio di anacardi e pochi altri prodotti. Quelli di riso, invece, hanno la caratteristica di apportare basse quantità di proteine. Considerato il notevole apporto di grassi, è comunque consigliabile un consumo limitato in porzione e frequenza, per evitare sbilanciamenti nutrizionali.

Tra i surrogati possiamo annoverare lo yogurt vegetale, principalmente a base di soia ma con alternative più recenti di cocco o nocciola. Come per lo yogurt ottenuto per fermentazione del latte, quello vegetale può rappresentare un apporto inadeguato di zuccheri semplici se si tratta di preparati alla frutta. Sarebbe meglio preferire prodotti al naturale e senza zuccheri aggiunti, quando il consumo è abituale.

Esistono tanti altri cibi commerciali che tentano di mimare sapori e consistenze di quelli animali, inclusi quelli degli alimenti ittici. Per chi ha fatto una scelta etica, la presenza di queste tipologie merceologiche potrebbe stridere con l’associazione inconscia ai prodotti animali originali. Il consiglio rimane sempre quello di non farli diventare fonte di nutrimento giornaliero.

L’offerta di surrogati e derivati vegetali è destinata ad aumentare parallelamente all’aumento della richiesta del consumatore. La speranza è che si possa raggiungere un livello qualitativo elevato, non sempre condiviso dai prodotti disponibili in commercio, e la consapevolezza che i cereali, i legumi e gli altri alimenti vegetali subiscono comunque una riduzione delle proprietà nutritive in seguito ai processi di lavorazione. Un altro aspetto da sottolineare è che molti di questi prodotti  possono presentare alte concentrazioni di grassi e di conseguenza avere una consistente resa calorica. Saper scegliere e riuscire a moderare il consumo in un paradigma più consapevole può lasciare comunque spazio alla curiosità e alla soddisfazione del palato.

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Gianluca Rizzo è biologo nutrizionista, docente in corsi di formazione ed ECM, e in diversi Master curati dall’Università di Messina, specializzato in alimentazione vegetariana e vegana e in integrazione alimentare. Potete conoscerlo meglio in questa intervista. Su Facebook lo trovate qui