Cibo e salute: il nutrizionista risponde | Il cioccolato
A chi non piace il cioccolato? E perché ci piace così tanto? Sarà vero che consumarlo può contribuire a mantenere il peso corporeo? Torna "Cibo e salute: il nutrizionista risponde", rubrica dedicata ad alimentazione, alimenti e buone pratiche, curata dal dott. Gianluca Rizzo, che questo mese ci parla del cibo degli dei.
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Buona lettura!
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A chi non piace il cioccolato? Sicuramente ci sono le dovute eccezioni, ma esistono degli alimenti in particolare che riscuotono un ampio successo tra la popolazione. Il cioccolato è uno di questi e le motivazioni sembrano tutt’altro che semplici, tanto da aver stimolato l’interesse di numerosi studi. Il gradimento del cioccolato può arrivare a livelli tali da poter essere considerato una vera e propria patologia da dipendenza, secondo alcuni esperti. Ma andiamo per gradi e approfondiamo insieme le origini di questo misterioso alimento.
Il cioccolato è una preparazione che si ottiene da alcuni ingredienti principali come cacao e burro di cacao che ne caratterizzano la composizione insieme a zuccheri, aromatizzanti e, frequentemente, anche il latte, sia vaccino che vegetale. Cacao e burro di cacao derivano dall’omonima fava che si ottiene da una pianta denominata Theobroma cacao (cibo degli dei), tipica delle aree dell’attuale America meridionale. Proprio da queste zone nasce l’utilizzo degli estratti del frutto allungato contenente semi ricchi di zuccheri, grassi e alcaloidi. Di questi ultimi, i più caratterizzati sono la caffeina e la teobromina, che prende il nome dalla pianta stessa. Le civiltà precolombiane consumavano i semi di cacao per creare infusi con effetti blandamente euforizzanti e psicotropi, usati principalmente nei rituali religiosi.
La frazione lipidica si presenta ricca di acidi grassi insaturi benefici per la salute e contiene le sostanze apparentemente responsabili degli effetti appaganti che accompagnano il consumo di cioccolato. Tra queste, la molecola più caratterizzata è l’anandamide, letteralmente “beatitudine interna”, che interagisce con i recettori endogeni dei cannabinoidi e spiega, almeno in parte, l’attrazione verso un simile alimento e l’uso intenso che ne facevano le popolazioni Maya e Azteche. I semi di cacao, prima di essere utilizzati, vengono fermentati per alcuni giorni, processo che provoca dei cambiamenti chimici con relativo addolcimento dei tegumenti del seme. In seguito a essiccazione e tostatura, il seme può essere lavorato per ottenere polvere e burro di cacao.
Le preparazioni tradizionali di cioccolato, prevalentemente liquide, venivano chiamate “Kakawa”. In seguito alla conquista territoriale da parte degli spagnoli, questi pensarono che l’assonanza del termine e il colore non deponessero a favore di una meritata diffusione della preparazione, così decisero di trasformare il termine in “chocolatl”, teoria comunque non accettata da tutti gli storici.
Per le popolazioni indigene i semi erano così preziosi da essere utilizzati nella cucina azteca prevalentemente dai ceti sociali più alti e dai sacerdoti, fino a rappresentare una vera e propria moneta di scambio tra tribù.
In Europa la produzione di cioccolato fu per molto tempo appannaggio esclusivo della Spagna anche se in Italia abbiamo l’eccezione della sicilianissima Modica, all’epoca provincia spagnola, in cui già nel Cinquecento si produceva cioccolato solido attraverso un metodo tradizionale di produzione a freddo con pietra, tutt’oggi conservato come unica testimonianza di un antico sistema azteco.
Il cioccolato fondente è preparato con polvere di cacao, burro di cacao, zucchero e aromi. La dicitura indica il particolare comportamento al calore che da forma solida a temperatura ambiente si scioglie ai 37°C della bocca con conseguente rilascio delle sostanze organolettiche tipiche dell’alimento. Il cioccolato bianco, invece, non contiene polvere di cacao e probabilmente manca di alcune sostanze blandamente psicotrope contenute in essa, per quanto da studi comportamentali, anch’esso sembra essere oggetto di dipendenza.
Oltre a teobromina e anandamide, la sensazione di appagamento del cioccolato può dipendere dalla ricchezza in magnesio e triptofano, il cui effetto positivo è stato più volte descritto in caso di sindrome premestruale, senza escludere comunque la concomitante presenza di zuccheri in fase di produzione.
La presenza di sostanze antiossidanti come flavonoidi e catechine potrebbe comportare una funzione antiossidante del cacao e spiegare gli esiti positivi sulla salute cardiovascolare. Questo effetto potrebbe comunque essere mitigato dalle preparazioni al latte.
Non mancano studi sulla diminuzione degli stati depressivi mediati da vari componenti che possono essere ritrovati nel cibo degli dei, con un effetto sommatorio che potrebbe essere degno di nota.
Tuttavia, anche quello fondente presenta un quantitativo calorico da non sottovalutare quindi qualche quadratino può essere utile per sostituire uno spuntino pomeridiano, senza comunque farsi prendere troppo la mano. Diversi studi hanno tentato di correlare il consumo di cioccolato all’aumentata capacità di mantenimento del peso corporeo. Anche se chiaramente il paradigma che porta a mantenere un peso ideale è molto articolato e multifattoriale, questi indizi possono suggerirci che sicuramente un consumo moderato non influisce negativamente sul peso, così come per frutta secca e semi oleosi che vengono considerati ingiustamente nemici della linea.
A causa dell’elevato costo del burro di cacao, tale componente viene dirottato frequentemente all’industria cosmetica per essere soppiantato da grassi vegetali decisamente meno preziosi. Per questo motivo è importante leggere le etichette per scegliere un prodotto che sia il più possibile genuino nella composizione.
Piccolo particolare, la teobromina non può essere metabolizzata da tutti gli animali, quindi evitate di darla ai vostri cani e gatti ai quali potrebbe risultare tossica, se consumata in quantità consistenti.
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“Gentile dottore Rizzo,
sono alta 1.70, peso 59 kg (con massa grassa concentrata sui fianchi e cosce, taglia 44 di pantaloni). Sono impiegata e mamma di 2 figli (8 e 3 anni), non pratico nessuno sport! Il mio problema è che ho sempre fame , voglia di dolci e mangio schifezze.
Le faccio un esempio di una mia giornata tipo dal punto di vista alimentare: in ufficio faccio con colazione 1 banana, latte di riso e cereali; alle 10, 4 schiacciatine; a pranzo un panino con il salame; a merenda, a casa, biscotti/merendine, a cena pasta al pomodoro.
Non potendomi rivolgere a un nutrizionista per problemi economici, ho chiesto aiuto a un amico che gestisce una palestra per eliminare 3kg di grasso. Ho provato per un po' con la palestra, ma non ho ottenuto grandi risultati. Ora sto seguendo una "dieta" consigliatami da lui. Mi ha dato uno schema di questo genere: colazione 20gr di proteine, 50gr. di carboidrati, 5gr, di grassi (uno yogurt greco e del prosciutto crudo, 1 banana, 100gr frutta fresca, 2 albicocche secche, 2 prugne secche e 15gr di uva sultanina, più 8 mandorle); alle 10 30gr di carboidrati e 5 di grassi (1 noce e mezza, 2 gallette di riso, 2 albicocche secche e 2 prugne secche); a pranzo verdura, 60 gr. di riso o pasta, più carne (ma essendo in ufficio non riesco a rispettare con precisione il pranzo, nel senso che magari mi concedo la pasta e poi aggiungo ancora del prosciutto crudo); alle 16 ancora 30gr di carboidrati e 5 di grassi, come al mattino, e alla sera più o meno lo stesso schema del pranzo. Mangiando queste cose, ammetto di non avere fame, né voglia di cadere in qualche peccato di gola, ma non mi sembra di ottenere grandi risultati. Cosa mi consiglia?
Dovrei prendere al mattino Alkalos, più Omega3, più Supradyn; a mezzogiorno Omega3; alla sera Alkalos... dovrei anche iniziare un po’ di attività fisica, ad esempio la camminata. Mi piacerebbe comunque sapere se la dieta è impostata bene. La ringrazio per avermi letta!
Distinti saluti
Gentile Signora,
per quanto possa descrivere con precisione la sua situazione, è corretto che un professionista faccia le indagini di anamnesi alimentare e fisiopatologica. Inoltre, sarebbe corretto applicare almeno un metodo per il calcolo della composizione corporea per avere parametri adeguati da poter monitorare, e non il solo peso, che spesso è aleatorio.
Dalle numerose informazioni da lei fornite, si denota facilmente come la scelta degli alimenti da lei operata sembra essere guidata dalla necessità di appagamento (molti carboidrati raffinati, cibi frequentemente confezionati, ecc). A primo sguardo, invece, la dieta che le è stata consigliata in buona fede sembra essere troppo carica di proteine.
In ogni caso non mi sembra stia riuscendo a seguire bene né regime alimentare, né attività fisica, quindi non ha elementi per valutarne l’efficacia. Le posso consigliare di regolarizzare gli orari dei pasti, limitarsi ad alimenti semplici, genuini e quantità modeste, trovando nel contempo un’attività fisica anche moderata che le permetta di trarne piacere.
Tenga comunque conto che apparentemente Lei è normopeso e quindi sarebbe utile valutare la composizione corporea per capire se il contributo muscolare sia insufficiente e quindi necessiti attenzione, cosa che comunque implicherebbe un approccio integrato di alimentazione e sport.
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Gianluca Rizzo è biologo nutrizionista, docente in corsi di formazione ed ECM, e in diversi Master curati dall’Università di Messina, specializzato in alimentazione vegetariana e vegana e in integrazione alimentare. Potete conoscerlo meglio in questa intervista. Su Facebook lo trovate qui.